LA TORRE DI BABELE A TESTA IN GIU’
Da sempre il termine “babele” si associa a caos, confusione, disordine, disaccordo ecc.
Ma se invece ci avessero raccontato questa storia nel modo sbagliato?
Se provassimo a rovesciare la torre di Babele e guardarla in un’ottica completamente capovolta?
Gli uomini provano a costruire una torre per arrivare a Dio; sono uomini che parlano una sola lingua, provengono da una stessa cultura. Dio mescola le carte e crea un insieme di lingue all’apparenza caotico.
L’uomo non comprende la portata dell’intervento divino; si trova spiazzato e l’unico aspetto che vede è che ormai il lavoro per potersi “avvicinare” a Dio è impossibile da continuare. L’uomo si abbandona allo scoramento e fissa il suo sguardo sull’impossibilità di comunicare e sulla ormai evidente differenza tra i componenti dell’umanità impegnata nella costruzione della torre. Il cantiere viene abbandonato e l’uomo torna sulla terra, in basso, distante dal suo Dio.
Ma la torre va capovolta; così come va ribaltata la lettura di questo brano biblico.
Dio sa che l’uomo è relazione, che la persona è tale perché si rapporta con altri e così facendo cresce, si sviluppa, matura. Ma se l’altro è identico a me, ha la stessa cultura, ha le mie stesse idee, veste come me, parla come me… cosa può aggiungere al mio io?
Ognuno di noi cresce come persona e avanza nel cammino della conoscenza di Dio (chiamiamola fede, spiritualità…), progredisce nella costruzione della torre, solo se è capace di accogliere l’altro e di farsi accogliere; di conoscere il mondo con parole nuove, straniere, di vedere la vita, il creato con occhiali diversi, abiti diversi e portando scarpe diverse.
L’uomo aveva capito che doveva incamminarsi per andare verso Dio, Dio ha tentato di aiutarlo, ma l’uomo ha distrutto questa possibilità.
Questo brano biblico della torre di Babele non ci racconta di una possibilità irrimediabilmente perduta, bensì ci suggerisce una grande opportunità.
Sta a noi riaprire il cantiere.
Genesi 11,1-9
Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole. Emigrando dall’oriente gli uomini capitarono in una pianura nel paese di Sennaar e vi si stabilirono. Si dissero l’un l’altro: «Venite, facciamoci mattoni e cuociamoli al fuoco». Il mattone servì loro da pietra e il bitume da cemento. Poi dissero: «Venite, costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra». Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che gli uomini stavano costruendo. Il Signore disse: «Ecco, essi sono un solo popolo e hanno tutti una lingua sola; questo è l’inizio della loro opera e ora quanto avranno in progetto di fare non sarà loro impossibile. Scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua, perché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro». Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per questo la si chiamò Babele, perché là il Signore confuse la lingua di tutta la terra e di là il Signore li disperse su tutta la terra.