Addio al celibato dei preti anche fuori dell’Amazzonia?
[aggiornamento: 02/02/2020] – Secondo quanto riportato dal sito “lafedequotidiana.it” la controversa questione dell’apertura al celibato ecclesiastico da parte di papa Francesco all’interno della tanto attesa esortazione apostolica post sinodo dell’Amazzonia pare non sia presente.
Rimandiamo all’articolo citato per ogni ulteriore approfondimento.
A chiusura del Sinodo speciale sull’Amazzonia ad Ottobre dello scorso anno, papa Francesco aveva promesso la pubblicazione, in tempi brevi, di un’esortazione apostolica post-sinodale che, fra i tanti argomenti, avrebbe chiarito la posizione del magistero in merito al celibato ecclesiastico.
Da indiscrezioni pubblicate questo pomeriggio [31/1/2020] sul sito “corrispondenza romana“, pare che una parte di questo documento stia già circolando tra alcuni vescovi che hanno quindi potuto confermare che il tema “scottante” dei “preti sposati” sia presente così come già espresso nell’articolo 111 del documento finale “Amazzonia: nuovi cammini per la chiesa e per un’ecologia integrale“. Ricordo che questo punto fu anche il più problematico perché durante l’assemblea sinodale a fronte dei 128 voti a favore ne incasso ben 41 contrari.
111. Molte delle comunità ecclesiali del territorio amazzonico hanno enormi difficoltà di accesso all’Eucaristia. A volte trascorrono non solo mesi, ma addirittura diversi anni prima che un sacerdote possa tornare in una comunità per celebrare l’Eucaristia, offrire il sacramento della Riconciliazione o celebrare l’Unzione degli Infermi per i malati della comunità. Apprezziamo il celibato come dono di Dio (cfr. Sacerdotalis Celibatus, 1) nella misura in cui questo dono permette al discepolo missionario, ordinato al presbiterato, di dedicarsi pienamente al servizio del Santo Popolo di Dio. Esso stimola la carità pastorale e preghiamo che ci siano molte vocazioni che vivono il sacerdozio celibatario. Sappiamo che questa disciplina “non è richiesta dalla natura stessa del sacerdozio” (PO 16), sebbene vi sia per molte ragioni un rapporto di convenienza con esso. Nella sua enciclica sul celibato sacerdotale, san Paolo VI ha mantenuto questa legge, esponendo le motivazioni teologiche, spirituali e pastorali che la motivano. Nel 1992, l’esortazione post-sinodale di san Giovanni Paolo II sulla formazione sacerdotale ha confermato questa tradizione nella Chiesa latina (PDV 29). Considerando che la legittima diversità non nuoce alla comunione e all’unità della Chiesa, ma la manifesta e ne è al servizio (cfr. LG 13; OE 6), come testimonia la pluralità dei riti e delle discipline esistenti, proponiamo che, nel quadro di Lumen gentium 26, l’autorità competente stabilisca criteri e disposizioni per ordinare sacerdoti uomini idonei e riconosciuti dalla comunità, i quali, pur avendo una famiglia legittimamente costituita e stabile, abbiano un diaconato permanente fecondo e ricevano una formazione adeguata per il presbiterato al fine di sostenere la vita della comunità cristiana attraverso la predicazione della Parola e la celebrazione dei Sacramenti nelle zone più remote della regione amazzonica. A questo proposito, alcuni si sono espressi a favore di un approccio universale all’argomento.