QUANDO FINISCE LA NOTTE

Diamo uno sguardo al nuovo libro di Francesco Cosentino “Quando finisce la notte. Credere dopo la crisi” per le Edizioni Dehoniane.

Scopriamo subito le carte. Non sono imparziale, perché dopo aver conosciuto, lo scorso anno, Francesco Cosentino tramite il suo precedente libro “Non è quel che credi – liberarsi dalle false immagini di Dio” (vai al mio articolo) ho sùbito inserito il teologo calabrese tra la schiera dei miei autori preferiti.

Ovvio quindi che, appena disponibile, mi sono precipitato a leggere questo suo nuovo lavoro e a condividere con voi le idee principali che mi sono particolarmente piaciute.

Nel libro di Cosentino, ci sono dei punti fissi, ben delineati, molto chiari che non possono essere oggetto di interpretazioni personali. E sono queste pietre (d’inciampo) che voglio “svelare” a chi ancora non ha letto “Quando finisce la notte“.

Prima però voglio dirvi quello che ho pensato quando, giunto alla centocinquantacinquesima pagina e terminata la lettura, ho chiuso il volume. “Quanto sarebbe bello che si avverassero queste parole, quanto mi piacerebbe far parte di questa storia ma… chi deve iniziare… da dove cominciare?”

Si’ – ho sùbito pensato – voglio far parte di questa storia, voglio entrare nella visione proposta da Cosentino in questo suo libro che inizia con l’imperativo «Dobbiamo percorrere la via dell’immaginazione» e termina con la chiamata a «ricominciare (letteralmente: cominciare in modo nuovo)» consapevoli di vivere un «tempo di immaginazione creativa» passando per l’arma che lo stesso papa Francesco (citato dall’autore) ci suggerisce: «il coraggio di una nuova immaginazione del possibile».

E a me entusiasma chi ha la voglia e la forza di mettersi in gioco, chi riesce a vedere oltre a quello che tutti vedono, chi dà voce alla propria fantasia, chi possiede la capacità (prendendo in prestito le parole di Christiane Singer, citate nel libro) di andare «a fondo in una dimensione altra e profonda di sé e delle relazioni.»

Ma cos’è che dobbiamo immaginare, cos’è che dobbiamo ripensare, cos’è che dobbiamo cominciare in modo nuovo, secondo Francesco Cosentino?

L’impegno dei cristiani, come singoli e come Chiesa, deve focalizzarsi principalmente su tre grandi ambiti che necessitano di essere rinnovati e dai quali ripartire:
– la questione di Dio;
– la visione di Chiesa;
– la spiritualità del cristiano;

Sono tre aspetti che, come analizza l’autore, sono stati messi fortemente in crisi dalla pandemia ed ora gridano il loro bisogno di essere ripensati.

Non possiamo più credere in «un Dio distante e non coinvolto», un Dio della paura che troppo spesso non assomiglia affatto al Dio di Gesù ma ricalca una cultura ormai passata e una religiosità che non parla più alla donna e all’uomo di questo secolo. (Per approfondire questo aspetto vi consiglio il libro precedente di Francesco Cosentino “Non è quel che credi. Liberarsi dalle false immagini di Dio“)

Dobbiamo rivedere «la modalità di presenza della Chiesa nella vita reale della persone, della società e del mondo». Abbiamo bisogno urgente di «un nuovo modo di vedere e di vivere l’essere Chiesa». A partire dalle nostre comunità, dalle loro attività, dai sacramenti, dalle messe, dall’intera pastorale che ormai con la pandemia sta mostrando tutte le sue «crepe».

Un nuovo “rapporto” con Dio e un nuovo modo di essere Chiesa porterà a rivedere anche la nostra spiritualità, che sarà la conseguenza di questo nuovo respiro. Una spiritualità che «non ha il suo fondamento in un Dio trascendente separato dalla storia umana e, di conseguenza, non è né un “salire in cielo” senza la terra, né un rifugiarsi nel proprio intimo, compiacendosi del proprio mondo fatto di riti e preghiere» ma che passa dalla vita quotidiana, dall’ordinario e dalla nostra umanità affinché «diventi esperienza personale e vitale dentro la fatica umana di ogni giorno, i drammi che viviamo e le speranze che coltiviamo.»

Il progetto di realizzare un nuovo modo di “credere dopo la crisi” proposto da Cosentino in questo suo libro, potrà realizzarsi se davvero smetteremo di ricalcare «semplicemente le cose che si facevano alcuni decenni fa e che andavano bene per una società e una cultura che non esistono più» se davvero riusciremo a togliere la vernice che tutto copre e svelare quello che il teologo domenicano Dominique Collin chiamava “il cristianesimo inesistente, cioè che non esiste ancora” se riprendendo in mano la vita dopo il trauma capiamo che non potremmo «ingenuamente lasciarci tutto alle spalle e ripartire come se nulla fosse successo» perché sarebbe quello che mons. Mario Grech chiama “un suicidio”. Tutto questo con la consapevolezza che, come ci ricorda papa Francesco, «peggio di questa crisi, c’è solo il dramma di sprecarla».

Qui trovi un video con la presentazione del libro: Francesco Cosentino si confronta con Luigi Maria Epicoco; modera il direttore di EDB Pieri Luigi Cabri.

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